Nonostante il freddo e il vento alle 16 c’era già un bel gruppo di persone ad attendere l’apertura del teatro Jenco. Molti gli striscioni presenti, che come muti strilloni, fermavano gli occhi dei passanti. Alcuni curiosi, chi rallenta la macchina per leggere meglio, chi si ferma a chiedere informazioni su cosa sta succedendo. Perché sembra assurdo, ma da quel 19 gennaio del 1998, quando la vita di don Beppe finì per un attacco cardiaco, sono già passati venticinque anni. Molte sono le cose che sono cambiate e nonostante tutti i viareggini vedano e conoscano il pulmino con la scritta “i ragazzi di don Beppe”, la memoria lentamente ingiallisce i ricordi. Nonostante questo, il teatro era pieno.
Sono passati quindici anni da quando venne fatta una celebrazione proprio allo Jenco per ricordare i dieci anni dalla morte e quest’oggi, è nuovamente il teatro Jenco a ospitare questa iniziativa.
Più che una commemorazione, una vera e propria riunione di famiglia. Il teatro Jenco pieno con alcuni posti in piedi ha accolto i volti noti della città.
Ad aprire la giornata don Luigi Sonnenfeld, che per dieci anni ha condiviso con don Beppe, casa e lavoro. A detta di don Luigi Sonnenfeld due persone completamente diverse. Uno estroverso, piccolo, sempre sorridente, l’altro più chiuso. Nonostante queste diversità racconta don Luigi “ho sempre pensato che niente ci avrebbe diviso. Scelte diverse e situazioni difficili ci avrebbero comunque trovato sempre uno accanto all’altro”.
Sul palco a fare da cicerone attraverso le testimonianze un grande Stefano Pasquinucci, memoria importante della città di Viareggio.
Molti hanno raccontato il loro rapporto con don Beppe, attraverso il suo impegno con la scuola e leggendo le dolci lettere che scriveva a Genny, una sua “figlia adottiva”.
La più bella sintesi e la più concreta immagine viene dalle parole di Antonio Tomei “ la darsena è un posto ventoso. Il vento è sempre entrato libero. Non esistono i frangivento dei palazzi a mare e pertanto il vento l’ha sempre fatta da padrone. Si dice che gli abitanti di una zona prendano le caratteristiche del territorio dove vivono. I darsenotti sono ventosi. Non potevamo che avere don Beppe, perché don Beppe era ventoso. Era libero e portava il messaggio di una fede liberante.”
Un’immagine decisamente chiara sopratutto per gli abitanti di Viareggio.
Vari gli aneddoti per spiegare la ventosità di don Beppe, “ una volta, una bambina si mise a piangere guardando una madonna che aveva sette spade piantate nel cuore. Vedendola don Beppe gli chiese cosa avesse e lei le rispose che le faceva male vedere quelle sette spade nel cuore della Madonna. Don Beppe non se lo fece ripetere, tolse ad una ad una le spade e le mise in un cassetto dicendo : ora voglio vedere chi ha il coraggio di rimettergliele! La madonna è stata spostata negli anni, ma nessuno ha mai rimesso le sette spade.”
Bellissimo l’intervento teatrale sui testi di don Beppe, dove è stata raccontata la sua vita, i suoi lavori, i suoi pensieri, mentre un abile mano dava vita sullo schermo alle parole.
Sfidando il freddo, alla fine delle due ore di ricordi, il corteo con tanto di torce a vento, la banda di Capezzano in prima fila, quattro trampolieri con venticinque metri di bandiera della pace portata in parte anche dai partecipanti, due musicisti con fisarmonica e chitarra, hanno attraversato la darsena per arrivare alla chiesetta dei pescatori.
Una vera e propria festa, con la presenza di moltissime associazioni viareggine,impossibile e inutile, vista la situazione, citarle tutte. All’arrivo l’accoglienza con un gruppo di musicisti, il vin brulè, le tartine, tutti gli ingredienti per una serata perfetta.
Le parole più importanti rimangono quelle di don Luigi Sonnenfeld, che insieme a tutti i presenti ha riportato alla mente uno dei motti di don Beppe “ indifferenti mai”.
Indiscutibilmente, anche dopo venticinque anni il ricordo di don Beppe e di quello che ha fatto per Viareggio è tutt’altro che sbiadito. Sicuramente per un attimo Viareggio ha dimostrato di non essere indifferente alla scomparsa di un uomo che ha regalato tutto se stesso per gli ultimi, per i bisognosi e per la città.