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Scritto da andrea cosimini
Cultura
16 Settembre 2022

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Siamo sul terrazzo all'ultimo piano della palazzina e il panorama, da quassù, è stupendo: da un lato un immenso parco verde, con il mare argenteo che brilla sullo sfondo; dall'altro le montagne, acuminate e rocciose, sovrastate da un cumulo di nubi.

Gianna è dentro, al telefono col figlio Giovanni. Ci siamo presi una piccola pausa dopo una chiacchierata di oltre due ore comodamente seduti in salotto, sotto lo sguardo vigile e attento di Giada, uno dei tre gatti di casa.
Abbiamo deciso di chiamarla chiacchierata, perché il termine 'intervista' suonava troppo formale: al marito Giancarlo non sarebbe affatto piaciuto.

Gianna, di cognome, fa Albini. Nonostante l'età, mantiene intatto il suo fascino di signora fine e colta. Sul tavolo, mostra con orgoglio le sue foto da giovane: una, scattata nel 1998 da un notissimo fotografo, le valse persino l'attestato di donna europea del duemila.
Gianna, la 'rossa', aveva un fisico da urlo. Lavorava nella moda, e non stupisce affatto che Giancarlo - a sua volta un 'tipo' - se ne sia follemente innamorato...

Ah, il cognome di Gianfranco è Bigazzi. Sì, quel Bigazzi: quello che ha scritto capolavori immortali della musica italiana (da "Ti amo" a "Gloria", fino a "Bella stronza", passando per "Si può dare di più", "Gli uomini non cambiano" e "Gente di mare") e che ha scoperto - oltre che lanciato - artisti del calibro di Umberto Tozzi, Raf e Marco Masini.
Quel Bigazzi lì, per intenderci.

Nel suo appartamento di Lido di Camaiore, proprio a due passi dal parco Bussoladomani - dove una statua di Giancarlo Bigazzi è stata posizionata ad eterna memoria -, ripensiamo a Gianna e Giancarlo e all'amore che li ha uniti. Inossidabile. Tutt'oggi, a dieci anni dalla sua scomparsa, la presenza del marito è tangibile in tutta la casa: tra cimeli, premi e ricordi, qui tutto parla di lui.
Un enorme quadro di Stefano Cosci - lo stesso autore della scultura nel parco - lo ritrae al pianoforte, con i tasti ingialliti dalla nicotina ed in mano l'inseparabile sigaretta che, purtroppo, lo condannò.
È sotto il suo ritratto che è avvenuta questa piacevole conversazione:

Gianna, dopo cinquant'anni di conoscenza, che idea si è fatta di suo marito?

"Giancarlo rappresentava bene la sua regione. Io lo consideravo un po' come il pane del contado: all'apparenza, non era tutto liscio e rifinito come si trova ora nei supermercati; era quasi nero, ma quando lo aprivi, dall'interno emanava un profumo che inebriava. Poi durava tutta la settimana: oggi, invece, il pane si compra la mattina per buttarlo alla sera..."

Un toscanaccio doc, insomma...

"Assolutamente. Non era un uomo di savoir-faire. Dalle sue espressioni capivi subito come ti giudicava. Non amava la grettezza, l'opportunismo, l'insensibilità. Aveva una grande generosità d'animo e una modestia rara. Da lui venivano molti ragazzi di strada e, per loro, aveva sempre una parola o un consiglio da dispensare. Il suo ideale era portare un artista dalle stalle alle stelle. Non amava scrivere per le dive".

Come lo definirebbe?

"Spesso, sbagliando, definiscono mio marito 'paroliere'. Lui odiava questa parola. Io sono paroliera, registrata in Siae, ed ho firmato molti brani con lui. Pensi, mi chiamava 'la titolista'. Giancarlo veniva da una famiglia con una madre molto all'antica, che suonava il pianoforte e che visse sempre col tormento di non essere riuscita ad insegnare al figlio il solfeggio. Si chiedeva disperata: come fa a scrivere e vendere milioni di dischi in tutto il mondo senza conoscere il solfeggio!"

Che tipo di lavoratore era suo marito?

"Intransigente. Nessuno reggeva il suo passo. Non conosceva orari. Ricordo quando scrisse "Ti amo". Eravamo andati a teatro per assistere a "La gatta Cenerentola" di Roberto De Simone. A un certo punto dell'opera, c'era un passaggio musicale sulle lavandaie di Napoli nell'800, e mio marito fu colpito da un particolare suono. Tornati a casa, a mezzanotte, io andai a letto perché la mattina dopo dovevo mandare nostro figlio a scuola. La mattina mi svegliai verso le sette e vidi che Giancarlo non era a letto. Lo trovai nel salone, con una nebbia di fumo che lo avvolgeva, ed ancora con il cappotto bagnato addosso che, nel frattempo, si era asciugato. Era ancora lì che componeva. Mi arrabbiai, ero fuori di me. Gli tirai addosso dei cuscini e lo convinsi ad andare a letto. Dormì fino alle 15, poi si rimise al pianoforte e mi accennò il motivetto di "Ti amo". Mi chiese: "Che te ne pare?" Io, che ce l'avevo ancora un po' con lui, gli risposi: "Accettabile. Hai già pensato al testo?". Mi disse: "Per ora ho messo Ti a-mo, ma è troppo banale, lo cambierò". Per fortuna non l'ha cambiato..." 

Suo marito è stato un'artista internazionale: brani come "Gloria" hanno fatto il giro del pianeta...

"Giancarlo ha scritto 1.300 canzoni ed ha venduto 250 milioni di dischi nel mondo. Il grande Domenico Modugno lo ha fatto con una canzone, "Volare", che però è partita dai migranti; "Gloria" si è fatta strada nelle discoteche. Solo quest'ultimo brano vanta 110 cover sulla terra. È stata inserita come colonna sonora nel film di Martin Scorsese, "The wolf of Wall-Street", con Leonardo Di Caprio; addirittura, pochi anni fa, un'amica americana che, in quel momento, si trovava in Giordania, mi chiamò al telefono perché nel ristorante dove stava mangiando era partita "Gloria"..."

Lei è stata una grande amica di Mia Martini. Chi era davvero Mimì?

"Il vero nome di Mimì era Domenica Bertè. Mia era il soprannome con cui la chiamava il padre da piccola. Era l'unica figlia che assomigliava a lui, non solo fisicamente ma come essenza. Aveva altre tre sorelle: la più piccola, Olivia, che aveva preso, anch'essa, dal padre; poi Leda e Loredana, che tendevano più alla madre. Il padre, Giuseppe, era un uomo molto colto, laureato in lettere antiche, cresciuto in un collegio di gesuiti; la madre, Maria, era invece una bellissima donna, che ha dato i tratti fisici a Loredana e il carattere a Leda".

Com'era la vita sentimentale di Mia?

"Complicata. Ha avuto vari amori, fino all'incontro dell'uomo della sua vita che fu il grandissimo cantautore Ivano Fossati. Lui, però, era già sposato ed aveva due figli. Erano due personalità molto forti. Mimì era fragile dentro, ma determinata fuori. Aveva una grande autostima. La musica era la sua vita. Lei poteva cantare qualsiasi cosa: dal blues al folk, fino al rock. Si sentiva uno spirito libero. Non era gelosa o invidiosa, dava fastidio perché usciva dal branco. Era intransigente: rinunciava piuttosto al cachet per una serata importante, perché voleva musicisti di livello, alloggiati in determinati alberghi. Per i discografici era scomoda da gestire".

Che rapporto c'era con Renato Zero?

"Voglio molto bene a Renato, sono una sua grande amica. Ancora oggi ci sentiamo. Lui adorava Mimì. Inizialmente, per personalità, era più affine a Loredana, poi, però, crescendo, il suo carattere lo ha fatto avvicinare a Mia".

Lei è un'amica storica anche della famiglia Bocelli. Ci vuole raccontare un piccolo aneddoto su Andrea?

"Per Andrea Bocelli, Giancarlo scrisse il brano "Un'apertura d'ali". Tutt'oggi, online, si trova il provino che mio marito fece, pianoforte e voce, per il tenore. Il brano, però, giunse alle orecchie di Renato Zero, il quale mi supplicò di cantarla. Come facevo a dirgli di no? Così la cantò. Pochi giorni fa, comunque, Andrea ha fatto una festa sul mare. In cielo c'era una luna rossa enorme. Splendida. A vederlo c'erano centinaia di spettatori, la maggior parte stranieri. Era il 4 settembre, a mezzanotte sarebbe stato il compleanno di mio marito. Mi invitò a partecipare annunciandomi una sorpresa. Andrea cantò "Ci vorrebbe il mare" e "Un'apertura d'ali". Ho ancora i brividi se ci penso..."

Bigazzi oggi: è ancora attuale?

"Certe canzoni di mio marito sono di un'attualità pazzesca: "Cirano", ad esempio, cantata da Francesco Guccini; ma pure "Conto su di te", interpretata nel 1982 da Adriano Celentano e dedicata a nostro figlio. Per dirle come era avanti, se legge il testo di "Si può dare di più", a un certo punto trova questi versi "Come una barca persa nel blu/ noi siamo tutti marinai". Ora, nel 1987, non c'erano i migranti africani che morivano nel Mediterraneo. Nel 1992, poi, scrisse "Gli altri siamo noi"... È stato geniale: un genio della musica".

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