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Scritto da lucia paolini
Cultura
12 Novembre 2023

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Presso il Cantiere Sociale Versiliese è andato in scena Autunno in Cantiere, un cabaret di fine secolo. La penna che scrive queste parole forse non è la più adatta a stendere questo pezzo, visto che è anche lo stesso inchiostro che ha creato lo spettacolo che è andato in scena ieri, ma sicuramente è la persona che meglio conosce questo evento.

Quando oramai molti anni fa, la provincia decise di affidare l’ex Inapli all’associazione Cantiere Sociale Versiliese, i Chicchi d’Uva, una storia associazione di artisti di strada di Viareggio, decise di aderire al progetto e unirsi a questo gruppo. All’epoca l’ex inapli era in totale abbandono, un mare di siringhe spuntavano al posto dell’erba nel cortile interno e la scuola sembrava si fosse fermata, con i suoi vecchi computer con i floppy disk pieni di polvere, fogli di carta sparsi ovunque e i torni abbandonati. Da allora molte cose sono cambiate.

Per contribuire alla crescita del posto, i Chicchi d’Uva decisero, di portare l’unica cosa che sanno fare, degli spettacoli di arte di strada, nacque così autunno in cantiere. Forse è perché erano i primi anni o forse semplicemente perché erano tutti più giovani, all’epoca tutti i sabati di novembre erano dedicati a spettacoli che arrivavano un po’ da tutta Italia, ma la caratteristica che rendeva unica la rassegna era proprio l’ex inapli. I Chicchi d’Uva sono formati da giocolieri, teatranti, equilibristi, clown dottori e anche fonici, macchinisti e scenografi e tutti insieme decisero di trasformare tutto lo stabile, di anno in anno, in un ambiente diverso. Ed ecco che un anno i corridoi si sono riempiti di ragnatele e scheletri per un autunno in cantiere horror, un anno furono i gitani, con i loro mercatini, seguiti da whisky e taglie per un autunno in cantiere western.

Nell’edizione surrealista, perfino il menù dell’aperitivo fu studiato da uno dei cuochi dell’associazione per essere a tema. Il covid ha fermato questa bella iniziativa e come a volte accade, farla ripartire non è stato così semplice, ma ecco che quest’anno, anche se per un solo sabato Autunno in Cantiere è tornato. Questa volta il tema era quanto mai attuale, anche se vissuto con la poetica e la leggerezza che caratterizza i Chicchi d’Uva: i profughi dei viaggi di inizio ‘900. Richiesto l’abito elegante, è stato splendido vedere entrare nella vecchia scuola, uomini con frack e cilindro e donne imbellettate. All’entrata un trampoliere dava il biglietto per potersi imbarcare su questo transatlantico che faceva rotta verso nuova Chiamaera.

Su ogni biglietto una destinazione, un piccolo sogno. La guardarobiera Isi, era pronta a truccare chi non avesse avuto il tempo di farlo prima di uscire e di prestare abiti e cotillon a tema, recuperati dall’infinita costumeria dei Chicchi. L’aula magna, trasformata in una nave, con tanto di oblò e candelabri a candela ha accolto l’elegante pubblico. Uno sogno per tutti, uno spazio per tutti, tavoli eleganti per la prima classe, seggioline per la seconda e panche per la terza. Quasi due ore di spettacolo, illusionisti, giocolieri, clown, attori, il tutto accompagnato con la musica dal vivo dell’orchestrina della famiglia Boiler. Un cabaret completamente auto-prodotto, con due piccoli fiori all’occhiello, la presenza dell’unico gruppo che non fa parte dei Chicchi d’Uva, le ballerine di Ryalb di Eleonora di Vita, che hanno presentato una coreografia veramente bella e particolare, ideata proprio dalla Di Vita in collaborazione con Camilla Ciucci e Rolando Abbarchi, il più vecchio dei Chicchi d’Uva, 83 anni e quasi tutti spesi nella passione del teatro, che ha presentato una vecchia poesia del Malfatti.

Mentre i numeri si susseguivano, da fuori, grazie all’intervento di un poetico e intraprendente Simone Filippini, secchiate d’acqua si infrangevano contro le finestre, oblò improvvisati di questo improbabile transatlantico, creando ancora di più la sensazione di essere tutti insieme a solcare i mari. Forse è stata proprio questa la vera magia che si è creata, ad un certo punto erano tutti nella grande sala del transatlantico, con le onde di un mare in tempesta fuori e i sogni di un futuro all’interno. Tutti hanno deciso cosa fare del clandestino trovato dentro un baule nella stiva e forse veramente per due ore, si sono ritrovati tutti a chiedersi cosa vuol dire essere profughi, perché come hanno detto e scritto i Chicchi d’Uva, “siamo tutti profughi alla ricerca dei nostri sogni”.

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