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Scritto da andrea cosimini
Enogastronomia
25 Novembre 2022

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Scherzando, a volte, si dice la verità. E Cristiano Tomei, da bravo cuoco, sa bene come mescolare gli ingredienti di questa paradossale ricetta. La sua ilarità è maledettamente seria.

In un’ora di chiacchierata, al Gran Caffè Margherita, ha smontato, ad una ad una, tutte le fesserie che ci propina la moda di oggi: dalla pasta ‘risottata’ alla cucina ‘fusion’, fino alle cosiddette ricette ‘rivisitate’. Cosa? Ricette rivisitate? Alt, fermi. Non fatevi imbrogliare da chi vorrebbe complicare le cose semplici. In cucina nulla si inventa. Al massimo, si condivide. Stando ai fornelli abbiamo la meravigliosa possibilità di mettere a disposizione degli altri la nostra vita. E quest’ultima non va né inventata né rivisitata. Va, semplicemente, raccontata e condivisa. Così com’è. Genuina. Senza filtri.

È anche per questo che Tomei ha scritto il libro “Mio nonno mi portava a fa’ gli erbi” per la collana BUR della Rizzoli: per raccontare la sua storia attraverso una vita di ricette e ricerca in cucina. Con lui, alla presentazione a Viareggio, c’era anche un altro viareggino, naturopata etnobotanico: Marco Pardini. I due, introdotti dalla bravissima Gabriella Curci del Mondadori Bookstore, hanno dialogato di fronte ad una numerosa platea di curiosi ed appassionati circa l’importanza di valorizzare la tradizione delle erbe nei piatti.

Il primo a prendere la parola è stato lo stesso Tomei: “La cucina ha perso un po’ la bussola – ha dichiarato -. Quando si mangia qualcosa, bisogna portarle rispetto. Perché dentro una ricetta si nasconde una storia che, spesso, ha radici lontanissime. Domandatevi sempre il perché si fanno le cose. Noi italiani siamo un popolo che gode a tavola. Certe usanze, come lo stendere la tovaglia prima di mangiare, sono un simbolo”.

Il cuoco versiliese ha conquistato il pubblico con la sua sincera schiettezza. “Ventuno anni fa – ha confessato a un certo punto – ho aperto il mio ristorante. C’è stato un periodo che dormivo al suo interno per pagare le bollette. Ma, alla fine, il sacrificio ripaga sempre”. E poi una lezione preziosa per tutti gli imprenditori: “Sbagliare tanto è fondamentale. Cadere e rialzarsi fa parte della vita. Eppure in questo paese il fallimento è visto come un’onta incancellabile. In America, no”.

Pardini, dal canto suo, ha voluto ribadire l’importanza delle sane abitudini a tavola e delle antiche tradizioni: “Mangiare – ha sottolineato il naturopata – è una delle sostanziali terapie che facciamo ogni giorno. Quando si gode con gusto, ci facciamo del bene. Bisogna però riappropriarci della nostra cultura: l’uso delle erbe aromatiche nei piatti, ad esempio, non nasce per una ragione culinaria, ma sanitaria. I ‘cucinieri’, come una volta venivano chiamati gli attuali chef, le utilizzavano per le loro proprietà terapeutiche. Solo in seguito abbiamo cominciato ad usarle per gusto”.

Tra le erbe (o, meglio, gli ‘erbi’) che Pardini ha voluto promuovere, ad esempio, il mirto: “Andrebbero sempre conservati i nomi dialettali delle piante – ha spiegato -. Il mirto, al contrario di quanto si pensi, non è un’erba esclusivamente sarda. È una pianta costiera di tutto il litorale tirrenico. Da noi si chiama ‘mortella’ ed è un’erba mitologica”.

L’incontro si è concluso con un partecipato firmacopie. Poi, tutti di corsa a casa - o al ristorante - con l’acquolina in bocca. Sono proprio occasioni come questa a risvegliare in noi il piacere autentico per le cose belle della vita. E mangiare è certamente una di queste.



 





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