Signore e signori, Alda Merini. C'era tutta lei nell'interpretazione magistrale di Giorgia Trasselli: la sciura milanese, la poetessa dei navigli, la scrittrice acclamata; ma anche la diversa, la mistica, l'incompresa.
Coadiuvata sul palco da una impeccabile Margherita Caravello (autrice dell'omonimo libro dal quale lo spettacolo è stato tratto), l'attrice romana ha saputo tributare il giusto omaggio ad una donna - unica ed irripetibile - che ha pagato a caro prezzo la 'colpa' di essere rimasta sempre fedele a se stessa: nel bene e nel male.
"Indagine su Alda Merini", lo spettacolo scritto e diretto da Antonio S. Nobili, si è concluso con una meritata standing-ovation al teatro 'Vittoria Manzoni' di Massarosa. Un allestimento che ha cercato di rendere sul palcoscenico la vita interiore di questa controversa - seppur amatissima - artista, andando a scavare nel profondo della sua opera per restituirle quella dignità umana di persona che la società del suo tempo cercò in tutti i modi di calpestare.
Una vita difficile, quella di Alda Merini: a soli 16 anni viene internata in clinica con la generica diagnosi "disturbo bipolare"; ma saranno sempre l'amore e la poesia a salvarla: Giacinto Spagnoletti sarà il primo a pubblicarla tre anni dopo il ricovero. Le sue relazioni sentimentali sono state burrascose, mai facili: dopo la frequentazione di poeti e scrittori a lei affini, del calibro di Salvatore Quasimodo e Giorgio Manganelli, finirà per sposare un umile panettiere, per certi versi, lontano anni luce dal suo mondo. Avrà quattro figlie, due delle quali saranno affidate ad altre famiglie. E dovrà fare i conti con un altro internamento prolungato (otto anni) in un ospedale psichiatrico...
Ma lo spettacolo non si ferma alle note biografiche, cerca di andare oltre: rielabora i lutti, usando in prestito le stesse parole della poetessa, mostrando la forza d'animo di questo personaggio sui generis che è stato capace di rialzarsi ogni volta che è caduto. Una testimonianza di forza, coraggio e resistenza. Un simbolo di emancipazione per tutte le donne. Una storia di dolore e sofferenza, vissuta però sempre con il sorriso.
Quando Alda Merini fu internata, dal '62 al '74, era ancora lontana la legge Basaglia ('78): i manicomi non erano stati ancora chiusi e i pazienti venivano perlopiù emarginati dalla società senza possibilità di recupero o di ascolto. Etichettati semplcemente come 'matti', si cercava di sedarli con il crudele trattamento dell'elettro-choc. La Merini provò tutto questo sulla sua pelle. Un'ingiustizia che percepì più forte di altri: la sua 'lucida follia' di poeta, infatti, le faceva vedere queste barbarie come il segno di arretratezza di una società sorda alla comprensione delle diversità.
"L'umano arriva laddove arriva l'amore, non ha confini se non quelli che gli diamo" diceva Italo Calvino. Ebbene, Alda Merini è stata l'esempio vivente che l'amore per la vita abbraccia tutte le singolarità. Un messaggio che ognuno di noi dovrebbe fare proprio nella quotidianità dei rapporti umani.
Alda Merini, una lucida folle: ovazione al Manzoni
Scritto da andrea cosimini
Massarosa
22 Maggio 2022
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