L’Antico Egitto risplende alle Scuderie del Quirinale: un viaggio tra dei, faraoni e vita quotidiana

Tesori dei faraoni - fonte_Instagram - Lagazzettadiviareggio.it

Una mostra immersiva porta a Roma il fascino dell’Antico Egitto: statue monumentali, papiri rarissimi, corredi funerari, gioielli e strumenti di vita quotidiana raccontano un mondo che continua a parlare al presente. Ecco cosa vedere, come organizzare la visita e perché questa esposizione è diversa dalle altre.

Il percorso: sale tematiche, capolavori e un allestimento che “respira” luce e sabbia

Fin dall’ingresso alle Scuderie del Quirinale la regia visiva è chiarissima: volumi ampi, controluce caldi, fondali color ocra e bruni che evocano l’alveo del Nilo. Il percorso si apre con la Nascita del Regno, una sala introduttiva che inquadra la cronologia (Antico, Medio e Nuovo Regno fino all’epoca tolemaica e romana) con mappe dinamiche e teche “a isola” che espongono palette predinastiche, mace heads e frammenti di steli incise. Subito dopo, l’ala dedicata al volto dei faraoni mette in dialogo teste regali in diorite e granodiorite con bassorilievi templari: lo sguardo frontale, gli zigomi netti, la nemes rigata emergono dalle luci radenti che sottolineano ogni rilievo. Nei pannelli viene spiegata la funzione politica dell’immagine: la statua come corpo eterno del sovrano, la sua “presenza” negli spazi del culto e dell’amministrazione.

La sezione Vitale è il Nilo trasferisce il racconto sul piano della vita quotidiana. Piccole ceramiche dipinte, unguentari, cesti intrecciati e strumenti di tessitura mostrano una società tecnicamente raffinata; una tavola sinottica collega colture (farro, orzo, lino), calendario agricolo e il sistema delle cataratte e dei canali. Un grande modellino di barca in legno, con rematori e cabina coperta, restituisce l’idea del viaggio come spina dorsale dello Stato: risalire e discendere il fiume significava muovere merci, tributi, idee. Tutto è corredato da iscrizioni geroglifiche e demotiche su ostraka e papiri: l’audioguida scompone i segni essenziali (uomo seduto, canna, ankh) per farne cogliere suono e significato senza scivolare nel tecnicismo.

Il cuore emotivo dell’esposizione è la sala Oltre la vita. Teche sospese, luce bassissima e spot calibrati sulle dorature fanno brillare maschere funerarie, scarabei del cuore, vasi canopi con coperchi a testa di divinità. Accanto, una sequenza di pagine di Libro dei Morti racconta la psicostasia (la pesatura del cuore contro la piuma di Maat) con immagini tanto delicate quanto potenti. Qui l’allestimento gioca con trasparenze e riflessi: le superfici antiche si specchiano in vetri antiriflesso quasi invisibili, creando una vicinanza rara con l’oggetto. Un focus a parte è dedicato alla mummificazione: resine, natron, bende; una teca didattica svela, in sequenza, materiali e gesti del rito senza scadere nel sensazionalismo.

Non manca lo spazio delle divinità. Una raggiera di statuette in bronzo di Iside, Osiride, Horus, Anubi e Thot spiega le funzioni del pantheon, mentre un grande pannello star chart introduce l’egittologia dell’astronomia sacra: decani, costellazioni, orientamenti templari. La mostra si chiude con Egitto ritrovato, un capitolo sul dialogo con l’Occidente moderno: spedizioni, primi scavi, nascita dell’egittologia scientifica, fino al restauro contemporaneo e alla necessità di una conservazione sostenibile che rispetti contesti e provenienze.


illustrazione-del-modello-di-disegno-egiziano-antico-fonte_freepik.com

Perché vale la visita: capolavori, didattica chiara e una Roma che abbraccia il Nilo

La forza di questa esposizione sta nell’equilibrio tra capolavori e micro-storie. Accanto alle statue monumentali (dove l’andamento del muscolo e della veste si legge da vicino) trovi oggetti minuti che parlano di persone reali: amuleti consunti dall’uso, pettini in osso, gioielli con paste vitree color turchese, sigilli che ancora portano impronte digitali fossilizzate. Le didascalie sono sintetiche ma narrative, l’audioguida evita date come pallottole e preferisce fili tematici (il corpo, il fiume, il viaggio, la memoria): ne risulta un racconto che scorre e non stanca.

Da un punto di vista museografico, il progetto punta su materiali e luci che proteggono e insieme valorizzano. Le teche sono anti-UV, l’illuminamento è sotto le soglie conservative per papiri e tessili, i supporti spesso “spariscono” per restituire l’oggetto nella sua integrità visiva. La grafica è pulita, con geroglifici riprodotti in scala e traslitterazioni essenziali che permettono di “leggere” almeno un cartiglio: l’effetto “posso capirlo anch’io” è una delle migliori eredità che il visitatore porta a casa.

Per chi va con bambini o studenti, la mostra è ricca di agganci didattici: sezioni tattili (repliche autorizzate), mappe a rilievo dell’ansa del Nilo, brevi video di restauro che mostrano come si pulisce un bronzo o si distende un papiro. Chi ama la fotografia troverà prospettive notevoli: controluce sulle dorature, tagli diagonali che accompagnano i rilievi, riflessi controllati che trasformano il dettaglio in astrazione.

Organizza la visita. L’afflusso è importante: conviene prenotare nella prima fascia mattutina o in tarda serata (quando l’ocra delle pareti diventa più calda e le dorature risplendono). L’itinerario completo richiede 75–90 minuti; aggiungi tempo per il bookshop, ricco di cataloghi ben curati e volumi divulgativi di qualità (anche per ragazzi). Se vuoi prolungare l’esperienza, abbina la mostra a una passeggiata tra i luoghi “egizi” di Roma: l’Obelisco di Montecitorio, l’Isis Campensis evocata dall’area di Piazza Navona, l’obelisco del Pantheon. Si crea così un filo che unisce la Roma antica all’eco nilotica che la città custodisce da secoli.

C’è il tema della responsabilità. L’ultima sala, dedicata alla provenienza e ai diritti culturali, invita a riflettere su restauro, prestiti e circolazione delle opere. Una mostra sul passato diventa così un discorso attuale: come tutelare, studiare, condividere un patrimonio che appartiene a una storia comune? Le Scuderie del Quirinale rispondono con un progetto rigoroso e trasparente, che privilegia il contesto all’effetto e restituisce all’Antico Egitto la sua naturale complessità.

“L’Antico Egitto alle Scuderie del Quirinale” non è una semplice parata di tesori: è un racconto che intreccia potere e vita quotidiana, tecnica e spiritualità, fiume e deserto. Un’occasione per vedere da vicino oggetti straordinari e, al tempo stesso, per uscire con una bussola in più: comprendere come quelle forme antiche continuino a parlare di noi, oggi.