Sono giorni che a Viareggio l’app più utilizzata è indiscutibilmente quella del meteo. Nessuno prende in considerazione il non andare al carnevale a causa della pioggia, ma certo è che un corso “bagnato” non piace a nessuno. Questa mattina, le prime gocce di pioggia hanno fatto pensare al peggio. Verso le 14 il primo spiraglio di sole ha illuminato la via verso i viali a mare. Come spesso accade il giovedì grasso, l’afflusso non è stato di massa, ma alla spicciolata, “uscendo la lavoro”. Lentamente e contro ogni aspettativa la passeggiata si è riempita di gente. Certo non il pienone delle grandi occasioni, ma sicuramente più gente del previsto vista la giornata uggiosa.
Un vero peccato per il concerto di Elio e Rocco Tanica, che ha regalato dei bellissimi momenti a un pubblico un po’ scarno. Non solo i pezzi storici, ma tanta ironia e anche tanta arte, con un finale sulle note del Barbiere di Siviglia, che ha fatto cantare il pubblico presente.
Forse il tempo, forse il giorno lavorativo, i viali hanno faticato a riempirsi di maschere.
Avevamo promesso le prime indiscrezioni e i primi commenti rubati dal pubblico per cercare di capire che effetto fanno i giganti di cartapesta. Ancora nessuno si sbilancia in una classifica, ma alcune commenti si stanno lentamente delineando.
Intanto grande felicità per il carro “più denti” di Luca Bertozzi che questa volta è riuscito a muoversi e a venire in avanti sul pubblico come promesso.
All’apertura si era potuto assistere solamente al movimento del dinosauro senza poter veramente gustare l’avventarsi sul pubblico. L’effetto è notevole e lavorare sull’effetto gigante, in questo caso ha sicuramente ripagato. Non poteva che essere gigante l’opera di Vannucci, che unisce le dimensioni con la poesia, accostando al grande mammuth un cucciolo indifeso. Geniale e elaborato divinamente il volto di Dalì di Anvanzini, con una mascherata surreale e diverte e una coreografica stupenda creata dalla Cinquini.
Quest’anno i Lebigre hanno messo alla prova il pubblico con un carro che non è d’impatto, come quelli ai quali ci avevano abituato negli anni passati, ma sempre di più “vivo”. Come moderni Michelangelo, i Lebigre, sembrano creare opere che respirano la vita. In questa ricerca di emozione reale anche il Breschi quest’anno vuole dire la sua, con un carro d’impatto. Forte, in perfetto stile Breschi, ma con un tocco sognatore. I capelli del ragazzo, mossi leggermente dal vento e gli occhi socchiusi in una riflessione sul senso profondo delle proprie azioni, regalano una sospensione del tempo nell’arte.
Non si smentisce il campione in carica Allegrucci. Il carro trasuda poesia. Ogni parte si muove, in un complesso gioco di onde, dove tutto sembra essere perfetto. C’è qualche cosa nello stile di Allegrucci, che va al di là del semplice carro, ma riesce, come una piccola magia, a creare quel tappeto emotivo che tocca l’anima di chi lo guarda.
Che sia il suo piccolo Burlamacco porta fortuna nascosto tra le piede del carro?
Difficile il tema scelto dai Lombardi, molto interessante il gruppo di “matti” appesi. Notevole l’interpretazione dei partecipanti. C’è chi urla, chi salta chi balla e chi se ne sta rannicchiato in un angolo di follia a contare i coriandoli. Il grande polpo meccanico di Bonetti è leggermente sotto tono rispetto a quello a cui ci aveva abituato li maestro, belli i movimenti e decisamente incredibile la mascherata con dei vestiti d’impatto e dei trucchi curatissimi. Giovane, fresco, divertente il caprone dei fratelli Cinquini, rimane nella mente indelebile. Stupenda la rana che versa da bere, un’attenzione tipica dei Cinquini per tutte le parti del carro e non solo per la figura principale.
Sui 4 carri di seconda categoria, la Borri stupisce con un’Alda Merini arguta e con un tocco di vivacità negli occhi. Sempre dolce e delicato Luciano Tomei riesce a trasportare il pubblico nel suo mondo di fantasia. Incredibile il lavoro dei Galli. Fuori dagli schemi completamente, per tema, colori e movimenti. Gran bella prova il primo carro di Raciti, con un Gordo gigantesco.
Questi i commenti che si sentivano oggi lungo i viali, ma bastano davvero poche righe, una manciata di commenti rubati alle maschere che fotografano veloci un carro per poi correre verso un nugolo di coriandoli dimenticandosi quanto appena detto, per definire il lavoro di mesi?
Non è sicuramente possibile. Ogni gigante di cartapesta ha nascosto dentro di se’ una storia molto più profonda, una storia che si snoda anche attraverso tutti i figuranti.
Il giovedì grasso è spesso definito il corso dei viareggini, quindi quello che si è respirato oggi lungo i viali era aria di “casa”. Baldanzoso e un po’ sfrontato il pubblico, commentava questa sera i maestri chiamandoli per nome. Anche questo è Viareggio e anche questo è il carnevale. Nel secondo corso si riscopre uno degli ingredienti che rendono unica questa manifestazione, oltre i carri, le mascherate, la musica e i coriandoli. Questa sera a Viareggio i viareggini si sono ritrovati. Persone che si incontrano di anno in anno solo a carnevale, persone che non si vedono più e si riconoscono in una maschera. Il secondo corso ha un po’ questo nascosto dentro di se’.
E mentre i giganti sfilano saltando a ritmo di musica, le maschere si incontrano e si abbracciano, facendosi promesse che sanno che non manterranno ma con la totale sicurezza che il prossimo anno, il giovedì grasso, saranno tutti lungo i viali e potranno vedersi, raccontarsi e farsi promesse che non manterranno, nuovamente.