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Scritto da andrea cosimini
Cultura
19 Maggio 2022

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E pensare che noi stavamo per andarcene. Per fortuna, all'uscita della Gamc, siamo stati trattenuti dalla gentile signora al banco, la quale, dopo averci fatto da 'Cicerone' tra i meandri della galleria, ha avuto anche il merito di indicarci una talentuosa artista, la cui mostra ci sarebbe colpevolmente sfuggita negli infiniti labirinti di Palazzo delle Muse.

Bionda, occhiali da sole, veste bianca: con ottanta (ingannevoli) primavere sulle spalle, Carla Tolomeo si presenta ai nostri occhi come un'affascinante donna piemontese, con una spiccata sensibilità per l'arte e un'attrazione fatale per la penna del poeta e scrittore Jorge Luis Borges. Nata pittore - sua vera vocazione -, col tempo ha avuto modo di cimentarsi in diverse tecniche mettendo in luce la sua estrema duttilità: dagli arazzi alle ceramiche, fino agli arredi.

Dal 12 marzo al 12 giugno, un campionario molto rappresentativo - sia in termini di quantità che di qualità - delle sue opere è esposto alla galleria d'arte moderna e contemporanea di Viareggio in occasione dell'esposizione "Manuale di zoologia fantastica": un compendio di colore, estro e fantasia con un rimando esplicito all'Argentina e all'immaginario borgesiano.

Noi abbiamo avuto il privilegio di avvicinarla mentre, in compagnia della nipote Nicoletta, si preparava ad accogliere una nutrita comitiva di argentini venuta appositamente per visitare il suo allestimento all'interno del museo.

Da dove nasce questa attrazione per l'Argentina?

"Rappresenta la seconda parte della mia vita. Un punto fermo della mia esistenza. Tutte le volte che posso vado in Sud America. Ho questa chiamata sentimentale..."

E l'amore per Borges?

"Ho avuto la fortuna di conoscerlo personalmente. Leggo molto i suoi lavori, i quali hanno ispirato tutte le opere qua esposte".

Cosa la affascina di questo autore?

"La capacità di penetrare dentro le cose, scoprirne i ritmi segreti, il mistero".

Messaggio che cerca di comunicare anche lei con la sua arte?

"Non proprio 'comunicare', che è una parola difficile. Io descrivo..."

Ma quando ha iniziato a svilupparsi in lei la passione per il disegno?

"Da sempre. Si può dire che ho imparato prima a dipingere che a parlare (sorride, ndr)"

Figlia d'arte quindi?

"Macché. Anzi, sono stata un 'frutto anomalo'. Vengo da una famiglia molto seria, con ferree tradizioni: mio padre era generale di corpo d''armata e mia madre una signora di rango".

E come spiega allora questa vocazione?

"Io sono venuta su così, forse per effetto della guerra che aveva sommosso un po' le cose. Ero destinata alla diplomazia, però, strada facendo, mio padre mi ha assecondato in questa mia direzione".

Ha sempre sentito in lei questa vena artistica?

"Devo dire di sì. Addirittura, all'inizio, ho cercato persino di contrastarla perché mi sentivo un po' un pesce fuor d'acqua; alla fine però è stata più forte di me: nonostante cercassi altre vie, tutte mi rimandavano alla solita strada..."

La sua arte è variegata. Lei come si definisce?

"Io nasco pittore. Ho avuto da bambina, grazie al cielo, un maestro ottimo, ovvero De Chirico, che mi ha seguita nel suo studio, gettando in me dei semi che adesso riconosco nelle cose che faccio".

Qual è il suo stile come pittore?

"I miei quadri sono caratterizzati dagli intensi colori. Con essi cerco sempre di raccontare delle emozioni. Come tecnica, prediligo l'olio su tela".

Quali sono i soggetti dei suoi quadri?

"Stranamente, sono sempre stati degli oggetti. E' difficile che abbia dipinto delle persone. Ho dipinto magari delle sedie, degli interni..."

C'è un motivo particolare o è un'attrazione verso l'oggetto?

"E' un'attrazione. Un giorno mi è capitato addirittura di scrivere che, forse, per me la sedia è un autoritratto. E' umile, però è centrale. E' utile, indispensabile. Ho fatto anche una ricerca letteraria ed ho scoperto, con mia sorpresa, che nei romanzi le cose succedono sempre quando si è seduti o quando ci si alza in piedi. Quindi, anche nel romanzo, la sedia ha una sua valenza. Le definisco delle 'protagoniste mute'".

Com'è nata l'idea di decorare le sedie?

"Per scherzo. De Chirico mi aveva presentato al direttore della galleria Ca' D'oro di Roma dove era in corso una mostra intitolata, appunto, "Metamorfosi", dove c'erano oggetti che diventavano qualcos'altro. Io ero attratta da questo tipo di arte. Così feci le prime tre sedie della mia vita che, in realtà, erano dei cigni".

E sono state subito apprezzate?

"All'inizio non le capiva nessuno. Passato qualche anno, però, hanno acquistato un importante valore e, all'improvviso, sono state richieste da marchi pregiati come Hermes e Neiman Marcus".

Oggi dove ha lo studio?

"A Milano, città nella quale vivo. Anche se molte di queste opere provengono dalla Galleria Contini".

E' la prima volta che viene in Versilia?

"No, io ho abitato per anni qua. Mi picerebbe tornarci, ma è diventata troppo cara per i miei gusti, perché, quando vengo qui, mi viene voglia di fermarmi quattro o cinque mesi, lavorare e vivere l'atmosfera della Versilia, che adoro".

Cosa può dirci dell'allestimento qui alla Gamc?

"Questa è forse la più bella mostra della mia vita, perché mi ha dato l'occasione di esporre praticamente tutto. E' un'esposizione che racconta chi sono". 

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