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Scritto da lucia paolini
Cultura
15 Marzo 2024

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Il 13 e 14 marzo le porte del teatro Jenco si sono aperte nuovamente per dare il via all’attesissima stagione 2024. Un inizio artistico decisamente interessante, non solo perché il piccolo teatro è stato scelto per presentare un debutto internazionale, ma anche per la scelta dell’opera. In scena un testo complesso, che ha avuto una nascita difficile, dove si raccontano temi difficili di un epoca quanto mai dolorosa.

La storia, ambientata nella Germania della seconda guerra mondiale, racconta la vita di Hendrik Höfgen, un attore brillante, antipatico e arrivista. Con l’ascesa al potere di Hitler si ritrova a fare delle scelte che lo porteranno a diventare uno degli attori più amati del regime e gli faranno abiurare le scelte giovanili, gli amici e gli amori, non in linea con la politica del terzo reich.

L’autore, Klauss Mann, si ispirò al marito della sorella, Gustaf Gründgens. Ostacolata la sua pubblicazione, il testo vide la luce molti anni dopo.

Dietro le scelte del protagonista, si ritrova un parallelismo con la vita di ognuno. I compromessi, i tradimenti, le bugie che tutti si sono trovati o si troveranno ad affrontare almeno una volta nella vita. Le scelte che possono cambiare davvero chi sei nel profondo. Queste scelte hanno sempre delle conseguenze, che nel caso del protagonista, si traducono artisticamente nell’incapacità di riuscire a entrare nel personaggio di Amleto. La figura di Amleto riflette lo smarrimento e la difficoltà dell’uomo di fronte alla propria coscienza e proprio per questo Hendrik non riesce a interpretarlo. Si ritrova invece, perfettamente in grado di interpretare il Mephisto, personaggio che lo porterà al successo. Amleto però incarna il traguardo per eccellenza per un attore e il fatto che a lui sia negato entrare in sintonia con il personaggio e non provare la soddisfazione della scena, trasforma i suoi fantasmi in un barlume di coscienza.

Indiscutibilmente un testo che è già di per sé un capolavoro e che nonostante l’inquadramento storico, si colloca fuori dal tempo e che risulta essere oggi, fin troppo attuale.

Maneggiare un materiale di questa portata è una sfida difficile, che Andrea Baracco ha saputo affrontare egregiamente.

Un teatro aperto, onesto, che con un senso di sincerità accoglie il pubblico con un sottotitolo che annuncia che “ quello che vi andremo a raccontare stasera è una storia vera”.

La graticcia a vista, le luci montate ai lati in un’atmosfera genuina. Questa premessa è una promessa al pubblico che non viene smentita mai durante tutta la durata dello spettacolo, dove ogni particolare ha il suo significato, senza voli pindarici, ma che arriva diretto, chiaro e semplice, passando non solo da parole e gesti, ma direttamente dalle emozioni.

Lo spazio, si muove, si trasforma, il teatro si gira e si ribalta, portando il pubblico dietro le quinte e davanti agli applausi, dandogli la possibilità di assaporare l’emozione del successo.

Molto bravi gli attori ai quali Baracco ha chiesto molto.

A interpretare magistralmente Hendrik è l’attore Woody Neri. Stupendo nell’incarnare le paure, i pensieri, i turbamenti nel giudizio.

Mentre il personaggio principale, rimane in scena, con i suoi cambi di “rotta” a vista, a vista anche i cambi di personaggio degli altri 3 interpreti, in quel gioco di sincera verità della falsità del teatro. Un’incredibile Anahi Traversi e un altrettanto brava Giuliana Vigogna. Stupendo Ian Gualdani, più nella parte dell’amante che non del giovane nazista. I capelli, i movimenti fluidi, la grazia rude e a tratti sfacciata, risultano perfetti, fino ad arrivare ad uno dei momenti più interessanti della rappresentazione, dove Gualdani ubriaco dentro a un baule, sembra ricordare il quadro di David “ la morte di Marat” e che con pochi gesti riesce a trasmettere tutta la forza e la crudeltà dei maltrattamenti che subiva chi non era “idoneo” o allineato al pensiero nazista.

Un particolare applauso oltre alle luci di Orlando Bolognesi che si muovono perfettamente insieme alla scena, va sicuramente a Luca Brinchi e Daniele Spanò per la parte video.

Impressionante la scelta del volto di Hitler, che sembra essere quasi immobile e che lentamente, davanti a un piccolissimo Hendrik, prende leggermente vita. Far vedere il volto di Hitler crea davvero un fortissimo impatto sul pubblico. Un volto che ha ancora la capacità di far nascere moltissime emozioni. Vederlo nel contrasto con Hendrik, rende l’uomo, con le sue decisioni, le sue paure, piccolo e insignificante.

Il pubblico è rimasto immobile, con il fiato sospeso e gli occhi incollati al palco. Molti i giovani presenti, sia alla prima che il secondo giorno, purtroppo i numeri degli spettatori sono ancora bassi, sopratutto per uno spettacolo che avrebbe sicuramente meritato una sala piena entrambi i giorni.

Un debutto con il desiderio di molti tra il pubblico di alzarsi in piedi durante l’applauso finale. Un gesto, che molto probabilmente avverrà nelle prossime repliche, visto che per essere stato un debutto, ci sono sicuramente tutti gli ingredienti per un grande applauso.

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