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Scritto da aldo grandi
Enogastronomia
21 Febbraio 2023

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Quasi trenta processi, tutti con lo stesso reato: diffamazione a mezzo stampa o, nel nostro caso, via Internet e sempre con le Gazzette, di Lucca in primis, ma anche con le altre sorelle. Decine di udienze, una sola condanna per una intervista, stupenda, a Marco Affatigato - ma il giudice non aveva, probabilmente, una formazione storica - un'altra, lieve come una piuma, con la ex presidente della Camera, mille euro di multa e pena sospesa. Per il resto, tutte vittorie, una dopo l'altra, merito, inutile negarlo, di un coach in gonnella pardon, in toga, Cristiana Francesconi, principessa a tutti gli effetti del foro di Lucca, ma residente a Camaiore e con ufficio a Viareggio. 

Ormai, purtroppo, i processi si sono rarefatti al punto che le occasioni di incontro con l'avvocato che, dalla loro fondazione o quasi, assiste legalmente il direttore responsabile delle Gazzette, sono sempre di meno. Colpa di chi scrive che, forse, è diventato troppo buono o, magari, anche troppo bravo o, più probabile, troppo vecchio. Fatto sta che proprio oggi, dopo l'ennesima udienza del processo al quale siamo sottoposti a causa del Guercio e di Marco Chiari - che non sono, è bene dirlo, la stessa persona - che cosa fare, di meglio, se non un salto ad uno dei nostri ristoranti preferiti ossia la Buca di S. Antonio di Giuliano, Corrado e Lucia Pacini?

L'interrogatorio cui siamo stati sottoposti dai legali della parte civile, della difesa e dal pubblico ministero, hanno aumentato e non di poco l'appetito. Del resto, chi ci conosce, sa che quando entriamo in un'aula di tribunale per essere sottoposti a giudizio, ci sentiamo molto gladiatori nell'area e, ad essere sinceri, stare su quella sedia, prestare giuramento e rispondere alle domande, non solo non rappresenta un problema o una fonte di stress, ma, al contrario, una sfida e la possibilità concreta, di difendere le nostre ragioni. Dopo aver passato oltre 20 anni a frequentare come cronista i corridoi dell'ex Galli Tassi e i successivi 13 in veste di imputato, realmente i processi non ci fanno più paura, ma, anzi, costituiscono una medaglia al valore e, fortunatamente, non alla memoria, da apporre sul petto qualunque sia l'esito finale.

Varcare la soglia della Buca di S. Antonio è un rito che amiamo comporre da oltre trent'anni da quando, cioè, per la prima volta qualcuno, non ricordiamo nemmeno chi fosse, ebbe la geniale idea di invitarci a pranzo o, anche, a cena. Da allora questo locale storico, gestito da due amici inseparabili e insuperabili, Giuliano Pacini e Franco Barbieri, è diventato una sorta di paradis doré all'interno del quale ci sentiamo non come a casa, di più e di meglio. La Cristiana Francesconi, come noi, è innamorata di questo luogo e ogni volta che ci capita, immancabile, ordina puntualmente le medesime cose: crostini con mousse di baccalà e filetto di maiale contorniato da purea di patate. Poi, immancabile, il déssert, il solito ed inimitabile piatto di frutta al forno con gelato alle castagne. 

Da bere, lo sappiamo, alla Cris piace il rosso e, in particolare, il Bruciato Guado al Tasso dei marchesi Antinori, made in Bolgheri. Solo che fino a qualche tempo fa bastava una bottiglia da 375 ml, visto che il suo accompagnatore non beveva rossi, un po' come le donne che, dicono, prediligono bollicine o bianchi fermi. Da circa un anno, invece, una passione travolgente ha fatto sì che i rossi, in particolare quelli della Val d'Orcia e, soprattutto, di Bolgheri, non manchino mai sulla tavola. Così, al pranzo di oggi, ha fatto la sua comparsa per la prima volta una bottiglia da 0,750 ml e, alla fine del pasto, non ce n'era rimasta nemmeno una goccia.

Appena entrati al ristorante, sulle pareti di sinistra e di destra campeggiano le prime pagine originali di altrettante copie risalenti a date epocali o anche documenti inediti, ad esempio, della marcia su Fiume contenenti proclami a firma di Gabriele D'Annunzio, uomo tra i pochi capaci di incendiare gli animi dei suoi soldati al conseguimento dell'obiettivo. Ci sono anche un paio di copie pressoché introvabili del Giornale di Addis Abeba stampato in occasione della conquista dell'Etiopia nel 1936 e alla cui redazione prese parte Guido Pallotta, volontario di tutte le guerre morto nel dicembre 1940 in Africa Settentrionale. Siamo contenti perché quando abbiamo donato questi oggetti alla famiglia Pacini sapevamo che avrebbe saputo valorizzarli nel modo giusto ossia esponendoli alla vista dei numerosi clienti quotidiani che gettano, turisti in primis, una occhiata su quelle pagine ingiallite dal tempo, ma che sanno ancora trasmettere emozioni.

Non a tutti piace la trippa, piatto che richiama alla mente i trippai fiorentini maestri nel maneggiare e cucinare le frattaglie, e molti, donne in particolare, la disdegnano sbagliando di grosso. La Buca in questo periodo ha, nel suo menù, la Trippa di vitello alla lucchese. Ebbene, provatela perché raramente potrete dire di aver mangiato un piatto così delicato, appetitoso, gustosissimo e leggero da digerire. Noi, notoriamente esagerati, ce ne siamo pappate due porzioni. annaffiandole di formaggio parmigiano e godendo della morbidezza della carne.

Autore di questo capolavoro gastronomico è, come sempre, chef Giuliano Pacini, il maestro, un uomo che ha fatto della riservatezza e del garbo una filosofia esistenziale. La sua trippa è scottata dopodiché pulita e cucinata con pomodoro e alloro con un po' di limone. Prima che scompaia dalla lista dei secondi piatti, gustatevela senza indugio. Prima, però, una farinata garfagnina ha aperto le danze all'interno del nostro apparato digerente e anche, perché no?, dirigente visto che, in fondo, la pancia, spesso, è considerata la seconda testa e, per noi, spesso anche la prima.

Corrado Pacini e sua sorella Silvia, oggi in trasferta alla Buca essendo chiuso Gli Orti di via Elisa, girano per i tavoli e regalano sorrisi e suggerimenti. Anche Giuliano Pacini, come Mimmo D'Alessandro, meriterebbe le chiavi della città, ma il fatto è che a palazzo dei Bradipi scarseggiano i fabbri oltre che le persone dotate di un minimo e anche un massimo, di iniziativa.

Il pranzo è finito andiamo, decisamente, in pace e dio solo sa di questi tempi quanto sia importante. Il processo è alle nostre spalle, la prossima udienza ad estate inoltrata, c'è tempo per qualche altra scampagnata. L'avvocato Francesconi, che non ama sentirsi chiamare avvocatessa con grande dispiacere di Vietina e Boldrini se leggeranno queste righe, fa parte della nostra vita. A lei dobbiamo, noi e le Gazzette, molto anzi, moltissimo. E' una pantera che ama il suo lavoro. 

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